
“La follia è una condizione umana… in noi la follia esiste”
Foto ©AngelaPetruccioli
Testo ©Franco Basaglia
“Guardò il mare e capì fino a che punto era solo, adesso. Ma vedeva i prismi nell’acqua scura profonda, e la lenza tesa in avanti e la strana ondulazione della bonaccia. Le nuvole ora si stavano formando sotto l’aliseo e guardando davanti a sé vide un branco di anatre selvatiche stagliarsi nel cielo sull’acqua, poi appannarsi, poi stagliarsi di nuovo, e capì che nessuno era mai solo sul mare.”
Foto ©AngelaPetruccioli
Testo cit. da “il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway
C’era stato un periodo in cui Agrippina aveva pianto fino a consumarsi le gote, fino a farsi venire le ginocchia sbucciate per quanto spesso si gettava a terra nella disperazione. C’era stato un periodo in cui Agrippina aveva, con amarezza e con rimorso, rimpianto tutti i giorni in cui Germanico le era stato lontano. I giorni in cui aveva affiancato Tiberio in Germania e il leone che sarebbe diventato aveva già fatto mostra della sua bella criniera. I giorni in cui fu eletto Console e gli bastò presentarsi di fronte alle legioni per quietarle, per placarle, per rimetterle in riga. Non ebbe bisogno nemmeno di alzare la voce. Lui si presentò e i legionari che si erano dati alla macchia, al saccheggio e allo stupro abbassarono gli occhi in vergogna. Rimpianse quei giorni lontana da lui. I giorni, poi, in cui Germanico riconquistò le aquile perdute a Teutoburgo. E rimpianse soprattutto, infine, i giorni dell’incarico ad Oriente. I giorni in cui suo marito aveva premiato Pisone. I giorni in cui quell’infame lo aveva avvelenato. Ogni giorno che Agrippina non aveva passato con Germanico, lui aveva speso quelle ore per Roma. E la cosa più orribile era che Roma non lo aveva ringraziato. Alla cerimonia funebre delle ceneri, Agrippina aveva pianto talmente tanto che sentiva i suoi occhi ardere come durante un incendio. Sì, c’era stato un periodo in cui Agrippina aveva pianto fino a consumarsi le gote, fino a farsi venire le ginocchia sbucciate per quanto spesso si gettava a terra nella disperazione. Ma quando perfino Tiberio si rifiutò di presentarsi al funerale del marito, Agrippina conobbe un nuovo sentimento. Non il rimpianto, che conosceva bene. Non l’amarezza, troppo blanda rispetto a quel che i suoi polsi tremanti e il suo cuore battente le suggerivano. Quello che provò Agrippina, quando si ritrovò circondata di altre persone che lo amavano, tutti, tranne Pisone e Tiberio, infami, lei fu presa da una nuova, inusitata abitante della sua mente. L’ira. La traboccante, incontrollabile ira.
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Testo ©MachinaReiMilitaris
“C’è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo”
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Testo cit. da “il bombarolo” di Fabrizio de André
“Avec ses vêtements ondoyants et nacrés, Même quand elle marche on croirait qu’elle danse… Con le vesti ondeggianti e iridescenti, anche quando cammina si direbbe che danzi….”
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Testo cit da I Fiori del Male
Via Ostiense era una riga di squadra che puntava dritta e risoluta verso il Sud della città ed arrivava fino ad Ostia, da cui prendeva il nome. Doveva essere stata piuttosto trafficata, un tempo: numerose macchine erano ferme in mezzo alla carreggiata, completamente arrugginite. In una piccola utilitaria c’era addirittura lo scheletro antico di una vittima prebellica. Le crepe dell’asfalto avevano avvallato la strada in più punti e gli edifici ai lati si scrostavano sotto il lavoro incessante dell’impietoso sole. Pioveva nel post-apocalisse? Non seppe darsi una risposta.
Foto ©AngelaPetruccioli
Testo ©MachinaReiMilitaris
Foto ©AngelaPetruccioli
Testo ©MachinaReiMilitaris