“Cos’è che ci ha fatto intristire così? La vita o Il tempo che scorre veloce? Cosa ci ha reso così imbruttiti, chi ci ha rubato l’innocenza dai nostri occhi? Perché non riusciamo più ad essere ingenui e genuini, semplicemente contenti di vivere? Eppure sarebbe bello tornare bambini, ritornare a sorridere per una coccinella che ci si posa su una mano, a saltare nelle pozzanghere, a scarabocchiare fogli e pareti, a fantasticare sui colori di una bolla di sapone…”
“…Era lì, seduta sulla solita panchina di pietra, dal naso sbuffava piccole nuvole di freddo, il cappello di lana era illuminato dal magro lampione accanto, come uniche compagne aveva qualche falena attirata dalla gialla luce sovrastante. Era il ritratto della solitudine invernale che attanaglia chi si porta un’assenza dentro. Aspettava forse qualcuno ma non ne sarei stata così certa, sembrava più un attesa immobile la sua, un fermo immagine grigio come il cielo. Ogni giorno si sedeva lì, in quel punto preciso, su quella panchina sotto quel lampione, e si fermava; rimaneva così, con lo sguardo perso di chi c’è ma non c’è, di chi è presente solo nel corpo ma non nell’anima, fissava un punto senza osservare nulla, non cercava niente con lo sguardo, lei aveva già trovato tutto e perso tutto al tempo stesso. Quanto si può rimanere fermi, persi in un posto e in un punto preciso, quanto tempo deve passare affinchè la vita possa riemergere? Non lo so, so che lei è lì, presente e al contempo assente, il freddo non la scalfisce, il buio non la turba, la solitudine non le fa paura. La osservo da lontano e non riesco a non fantasticare su di lei, sulla sua vita, annotando ogni piccolo dettaglio che possa farmi intuire qualcosa in più sulla sua vita. Ma è impenetrabile come il freddo di questi giorni, eterea come la neve, lei ha l’inverno dentro.”